Ai sensi dell’art. 1456 c.c., i contraenti possono convenire espressamente che il contratto si risolva nel caso che una determinata obbligazione non sia adempiuta secondo le modalità stabilite; in questo caso, la risoluzione si verifica di diritto quando la parte interessata dichiara all’altra che intende valersi della clausola risolutiva.
La clausola risolutiva espressa può essere inserita nel contratto di agenzia. Ad esempio, la clausola può prevedere la risoluzione di diritto in caso di mancato raggiungimento del budget di vendita da parte dell’agente.
In tal caso, secondo la costante giurisprudenza, il preponente può avvalersi della clausola e ritenere pertanto il contratto risolto di diritto. Secondo la sentenza della Cassazione n. 8604 del 2002, infatti, la pattuizione di una clausola risolutiva espressa non è in contrasto con le clausole collettive, limitandosi ad individuare preventivamente e consensualmente un elemento della pattuizione collettiva, cioè un comportamento dell’agente incompatibile con la prosecuzione del rapporto. Da ciò discende la risoluzione del contratto senza preavviso, mentre il giudice non può compiere alcuna indagine sull’entità dell’inadempimento, ma deve solo accertare se esso sia imputabile al soggetto obbligato a titolo di colpa, peraltro presunta ai sensi dell’art. 1218 c.c.. La giurisprudenza di merito ha seguito la linea tracciata dalla Cassazione, per cui se l’agente non è in grado di provare l’assenza di colpa, non solo non ha diritto al preavviso, ma nemmeno alle indennità suppletiva di clientela, essendo la cessazione del rapporto dovuta a fatto imputabile all’agente.
L’ orientamento della giurisprudenza è mutato con la sentenza della Cassazione n. 10934 del 2011, che introduce il concetto di giusta causa di recesso ai sensi dell’art. 2119 c.c.. Pertanto, la clausola risolutiva espressa è legittima solo nei limiti in cui non venga a giustificare un recesso senza preavviso in situazioni concrete a norma di legge non legittimanti un recesso in tronco. Dunque, in caso di ricorso da parte del preponente a una clausola risolutiva espressa, che può ritenersi valida nei limiti in cui non venga a giustificare un recesso in tronco attuato in situazioni concrete e con modalità a norma di legge o di accordi collettivi non legittimanti un recesso per giusta causa, il giudice deve verificare anche che sussista un inadempimento dell’agente integrante giusta causa di recesso.
Seguendo tale principio di diritto della Suprema Corte, i giudici di merito hanno escluso che, nell’ambito del contratto di agenzia, il ricorrere di un inadempimento previsto da una clausola risolutiva espressa possa giustificare di per sé il recesso in tronco del preponente, senza necessità di verificare la sussistenza di un inadempimento integrante una giusta causa che non consenta la prosecuzione neanche provvisoria del rapporto (Trib. Bari, 02.05.2012). La sussistenza o meno di una giusta causa ex art. 2119 c.c. ha ovviamente effetto sul diritto al termine di preavviso e alle indennità di fine rapporto. Quindi la validità della clausola risolutiva espressa è rimessa alla verifica da parte del giudice della giusta causa ai sensi dell’art. 2119 c.c..
Tra le sentenze recenti si segnala altresì Trib. Trani, 28.04.2013.
Avv. Marzia Cardellini